CERTIFICAZIONE DI MALATTIA

24 giugno 2010 at 07:35 Lascia un commento

La legge non permette di certificare per patologie non accertate direttamente dal medico certificatore e le sanzioni previste vanno fino alla radiazione dall’albo professionale. Il medico che visita e stabilisce la prognosi è tenuto a compilare il certificato e non può demandare ad altri alcuna certificazione di sue decisioni.

E’ stato più volte sottolineato (INPS, circ. 13.5.1996, n. 99; circ. 25.7.2003, n. 136; msg.7.11.2003, n. 968) che il certificato di malattia debba essere compilato dal Medico Curante e  che questi è colui che ha avuto in cura il cittadino in quel periodo e per quella data malattia,  “Medico Curante” è quindi il medico del reparto universitario od ospedaliero ove il lavoratore è stato ricoverato (quindi all’atto della dimissione da ospedali o strutture di pronto soccorso),   o il medico specialista ambulatoriale della struttura, o ancora il convenzionato esterno o il medico libero professionista, ai quali l’assicurato si sia rivolto per motivi di urgenza ovvero comunque per esigenze correlate alle specificità della patologia sofferta, ed  infine, il medico di famiglia; purtroppo quasi sempre questa ultima figura viene individuata come curante anche quando il paziente è stato curato da altri. Sono valide anche le certificazioni rilasciate su modelli non “standard” (es. ricettario privato) o su quelli in uso presso i reparti ospedalieri o il pronto soccorso, a condizione però che dagli stessi risulti una prognosi non di natura strettamente “clinica” ma che, attraverso una precisa diagnosi, metta il medico INPS in condizione di valutare l’incapacità al lavoro.

Sono da considerare validi, quindi, anche i certificati rilasciati delle Strutture Ospedaliere (Pronto Soccorso, dimissione dai reparti di ricovero, prestazioni ambulatoriali ) o dai Servizi territoriali ivi compresi quelli dl libero accesso (Salute Mentale, Ostetricia ginecologia, ecc.), oltre naturalmente quelli dei liberi professionisti.

I requisiti sostanziali richiesti per la validità della certificazione, nel caso in cui essi siano rilasciati su modulari diversi da quelli standard sono:

1. INTESTAZIONE (struttura o medico certificatore)

2. NOMINATIVO DEL LAVORATORE

3. DIAGNOSI

4. PROGNOSI ESPRESSA IN GIORNI, da intendersi sempre (salvo diversa puntualizzazione del medico certificatore) come periodo dl incapacità al lavoro.

5. DATA

6. TIMBRO E FIRMA O COMUNQUE FIRMA LEGGIBILE DEL MEDICO CERTIFICATORE.

La normativa precisa inoltre che:

1) Per i certificati rilasciati su modulari non regolamentari, al datore dl lavoro può essere inoltrata la fotocopie dell’originale (in tal caso sarà cura del lavoratore di cancellare la diagnosi)

2) In caso di certificazione incompleta, ivi compresa una prognosi non definita, la necessaria regolarizzazione della stessa deve essere operata, tramite l’interessato, sempre dai medico redattore, in capo al quale va ricondotta la responsabilità dell’atto certificatorio. Eventuali richieste o rinvii al medico di famiglia per il completamento o regolarizzazione o addirittura ricompilazione su modello standard sono ingiustificati e, conseguentemente, dallo stesso non dovuti.

Pertanto rifiutare al lavoratore una certificazione di malattia necessaria alla tutela della sua salute da parte di un medico della struttura pubblica, equivale ad omissione di atti d’ufficio.

Nessuna norma prevede che il Medico di Famiglia certifichi quanto e’ stato visto da altri colleghi, eppure per evitare disagi al cittadino e querelle legali ai colleghi strutturati si sono assunti per anni l’onere di una certificazioni che non competeva loro. Infatti, grazie ai comportamenti concilianti dei medici di famiglia, che hanno sempre tenuto principalmente  conto degli interessi del paziente ed in nome di un diverso rapporto medico-paziente, sono stati evitati innumerevoli contenziosi giudiziari.

Al di là del sovraccarico burocratico per i medici di famiglia, rinviare la certificazione al medico di medicina generale comporta sempre un grave disagio per il cittadino costretto, una volta dimesso dalla struttura, a farsi una fila in sala d’attesa dal suo medico, non per una visita o per un controllo, ma semplicemente per un certificato, il che è assolutamente inaccettabile e difatti non e’ previsto dalla normativa.

Nei prossimi mesi, la situazione verrà ulteriormente complicata dalla applicazione del Decreto Brunetta sull’invio telematico del certificato di malattia che riguarderà le assenze  per malattia sia nel settore pubblico sia nel settore privato. Le amministrazioni delle Aziende Ospedaliere, Universitarie e Territoriali dovranno in breve tempo provvedere a fornire di codice PIN i Medici dipendenti ed i Medici convenzionati, così come tutte le aziende (pubbliche e private) dovranno procurarli ai lavoratori. La trasmissione telematica dovrà quindi essere effettuata sia dai medici dipendenti del SSN (quali i medici ospedalieri, gli universitari con compiti assistenziali ed i medici di distretto), sia dai medici in regime di convenzione con il SSN (quali i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e gli specialisti ambulatoriali). Le sanzioni ricorreranno qualora il Medico certifichi o attesti dati clinici NON desunti da visita (licenziamento per il Medico dipendente e revoca della convenzione per il Medico convenzionato).

Sarà davvero difficile che il Medico di Famiglia continui ad assumersi la responsabilità di certificazioni che altre categorie di colleghi rifiutano di fare.

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